“Non piangere!” lo si dice ancora, ai “piccoli” e ai “grandi”.
Non trovate paradossale proibire una manifestazione che rappresenta, per eccellenza e umanità, un bisogno pari a quello del fare la cacca o la pipì piuttosto che il mangiare o il dormire?
Come si può vietare un’azione strettamante legata alle emozioni quasi innate?
Qualcuno potrebbe dire che c’è pianto e pianto, altri potrebbero insinuare che piangere troppo fa male.
Il pianto è cosa certa, non va giudicato. L’accoglienza e la comprensione possono servirsi tutt’al più del silenzio, di un gesto d’affetto; modi buoni modi per avvicinarcivisi.
Il pianto non va asciugato: evitate di passare il fazzoletto, almeno che non venga richiesto! E non certo per una questione di bon ton, ma perchè chi piange non ha bisogno di sentirsi addosso l’imbarazzo del vicino. Chi piange urge di attenzione, perchè la lacrima è il ri-chiamo per eccellenza, riporta a sè l’amore perduto e (ancora) cercato.
Barbara Gaiardoni
Ciao Barbara,
concordo che soffocare un’espressione del proprio stato d’animo (il pianto) sia cosa insulsa.
Mi piace però pensare che la richiesta “non piangere” possa essere non tanto un ordine quanto un’esortazione amorevole a smorzare la sofferenza manifestata: io sono qui con te per sostenerti e dunque .. non piangere !
Cristian
Ciao Cristian,
credo che “L’io sono qui con te per sostenerti” basti a se stesso, non abbia bisogno d’altro! Il “Non piangere” preceduto da un’affermazione preziosa come quella consigliata da te, risulterebbe maggiormente una contraddizione. Quando si sostiene lo si fa nonostante tutto, qualsiasi cosa accada, senza se nè ma, senza divieti.
Grazie 🙂
Barbara