“Non piangere!”: un divieto paradossale

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“Non piangere!” lo si dice ancora, ai “piccoli” e ai “grandi”.

Non trovate paradossale proibire una manifestazione che rappresenta, per eccellenza e umanità, un bisogno pari a quello del fare la cacca o la pipì piuttosto che il mangiare o il dormire?

Come si può vietare un’azione strettamante legata alle emozioni quasi innate?

Qualcuno potrebbe dire che c’è pianto e pianto, altri potrebbero insinuare che piangere troppo fa male.

Il pianto è cosa certa, non va giudicato. L’accoglienza e la comprensione possono servirsi tutt’al più del silenzio,  di un gesto d’affetto;  modi buoni modi per avvicinarcivisi.

Il pianto non va asciugato: evitate di passare il fazzoletto, almeno che non venga richiesto! E non certo per una questione di bon ton, ma perchè chi piange non ha bisogno di sentirsi addosso l’imbarazzo del vicino. Chi piange urge di attenzione, perchè la lacrima è il ri-chiamo per eccellenza, riporta a sè l’amore perduto e (ancora) cercato.

Barbara Gaiardoni

 


Pubblicato da barbaragaiardoni

Barbara Gaiardoni nasce a Verona il 15 febbraio 1967. Lavora dall’età di 18 anni: inizia come istruttrice di nuoto. Nel contempo, consegue il diploma al Conservatorio di Musicale statale di Vicenza e, dopo aver collaborato come violinista di fila con orchestre giovanili e sinfoniche, termina la sua carriera musicale all’età di 30 anni, per entrare a pieno titolo nell’impresa di famiglia. Nel 2000 riprende gli studi scolastici e formativi, interrotti in età adolescenziale da una bocciatura in II liceo: si concludono con un diploma di Dirigente di comunità e due lauree presso l’Università degli Studi di Verona; una triennale in Scienze dell’educazione e della Formazione e l’altra specialistica in Scienze pedagogiche. Nel 2004 lavora come educatrice professionale nell’ambito psichiatrico e delle patologie dell’invecchiamento; quest’ultimo la vede anche nel ruolo di pedagogista e counselor per le famiglie dei soggetti affetti da demenza di tipo Alzheimer. Successivamente si perfeziona con un tirocinio professionale nell’ambito socio-educativo: esperienza che sfocerà nella progettazione pedagogica. La scrittura in tutte le sue sfaccettature e forme resta il suo strumento prediletto per l’efficacia sia in ambito professionale sia in quello dell’auto formazione. Ha pubblicato 3 libri e un racconto breve. Ha collaborato con riviste di settore e con magazine culturali online. La scrittura diaristica si concretizza nella stesura di 15 diari di bordo utilizzati negli ambiti professionali suddetti. Il suo mantra? Non esistono ostacoli, ma sfide.

2 Risposte a ““Non piangere!”: un divieto paradossale”

  1. Ciao Barbara,

    concordo che soffocare un’espressione del proprio stato d’animo (il pianto) sia cosa insulsa.
    Mi piace però pensare che la richiesta “non piangere” possa essere non tanto un ordine quanto un’esortazione amorevole a smorzare la sofferenza manifestata: io sono qui con te per sostenerti e dunque .. non piangere !
    Cristian

    1. Ciao Cristian,
      credo che “L’io sono qui con te per sostenerti” basti a se stesso, non abbia bisogno d’altro! Il “Non piangere” preceduto da un’affermazione preziosa come quella consigliata da te, risulterebbe maggiormente una contraddizione. Quando si sostiene lo si fa nonostante tutto, qualsiasi cosa accada, senza se nè ma, senza divieti.
      Grazie 🙂
      Barbara

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