Mi ascolti, ma quanto mi ascolti?

Image and video hosting by TinyPic Ascoltare, saper ascoltare, è difficile. In chi parla, infatti, c’è sempre la presunzione che il proprio dire coincida con l’interesse, l’intelligenza e la ricettività di chi ascolta.

Cosa significa ascoltare? Cosa comporta? È una capacità acquisibile oppure una funzione predisposta?

L’ascolto è articolato su tre livelli:

  • ascolto della parola che richiede un silenzio inteso non solo come tacere, ma come sospensione di un giudizio o/e di un’emozione.
  • ascolto delle intenzioni che necessita di un sapere attento al linguaggio del corpo: silenzi, gesti, pause, i risalti offerti dalle ridondanze (ripetizioni, sottolineature, accentuazioni),  posture del corpo, mimica facciale sono   indicatori che rivelano  contenuti del non detto;
  • ascolto dell’interiorità richiede di riconoscere nell’altro una storia, un’esperienza profonda. Consente di valorizzare le differenze (processo di differenziazione) ma, nello stesso momento, favorisce l’apprendimento di una complementarietà. Questa III fase favorisce non solo l’avvicinamento al mondo altrui, ma consente una comprensione del proprio modo di essere, di esistere.

Ascoltare non è una funzione take-away, pronta da portare via! È da educare. Nel neonato vi è una predisposizione al suono della voce della madre, ma questa forma di sentire appartiene alla sfera dei bisogni.

L’arte dell’ascolto, invece, esplora mondi  (im)possibili. La parola ascoltata è terra inesplorata; ascoltare spiazza, stupisce. Si preferisce, spesso, la parola “intonata” con le nostre aspettative, si rifiuta quella “stonata”, perché apre al conflitto.

Il saper ascoltare non “dimentica” l’altro. E’ tensione alla ricerca d’altro. Non è, necessariamente, approdo sicuro. Forse, è il navigare a vista, nella speranza di trovare, per un attimo, il piacere di tuffarsi vicini, non sempre in acque sicure, tranquille!

Barbara Gaiardoni

Pubblicato da barbaragaiardoni

Barbara Gaiardoni nasce a Verona il 15 febbraio 1967. Lavora dall’età di 18 anni: inizia come istruttrice di nuoto. Nel contempo, consegue il diploma al Conservatorio di Musicale statale di Vicenza e, dopo aver collaborato come violinista di fila con orchestre giovanili e sinfoniche, termina la sua carriera musicale all’età di 30 anni, per entrare a pieno titolo nell’impresa di famiglia. Nel 2000 riprende gli studi scolastici e formativi, interrotti in età adolescenziale da una bocciatura in II liceo: si concludono con un diploma di Dirigente di comunità e due lauree presso l’Università degli Studi di Verona; una triennale in Scienze dell’educazione e della Formazione e l’altra specialistica in Scienze pedagogiche. Nel 2004 lavora come educatrice professionale nell’ambito psichiatrico e delle patologie dell’invecchiamento; quest’ultimo la vede anche nel ruolo di pedagogista e counselor per le famiglie dei soggetti affetti da demenza di tipo Alzheimer. Successivamente si perfeziona con un tirocinio professionale nell’ambito socio-educativo: esperienza che sfocerà nella progettazione pedagogica. La scrittura in tutte le sue sfaccettature e forme resta il suo strumento prediletto per l’efficacia sia in ambito professionale sia in quello dell’auto formazione. Ha pubblicato 3 libri e un racconto breve. Ha collaborato con riviste di settore e con magazine culturali online. La scrittura diaristica si concretizza nella stesura di 15 diari di bordo utilizzati negli ambiti professionali suddetti. Il suo mantra? Non esistono ostacoli, ma sfide.