“E’ la prima volta che parlo a scuola”.
“E come ti senti?”
“Mi sento qui”.
E’ uno dei tanti dialoghi fra Precious, una provata sedicenne protagonista del film omonimo datato da vedere/rivedere, e l’insegnante Miss Rain della scuola “alternativa” frequentata dalla minorenne perchè cacciata da quella “normale”.
E’ un film consigliato ai sognatori, alle sognatrici che credono in una (im)possibilità di scuola differente, quella frequentata da pochi, perchè di pochi, gli (s)fortunati.
Colpisce l’attenzione per il dialogo e per la scrittura, la didattica all’inizio passa in secondo piano, perchè è vincente quel procedere per affascinazione, possibile attraverso il prendersi cura dell’umano, delle sue fiabe, dei suoi dolori, di ciò che urge, preoccupa e che a volte fa sorridere.
La scrittura è quella terra terra, che dà precedenza alla narrazione schietta, tragicamente aderente al quotidiano e ai sogni mancati e a quelli futuri. Perchè, in quei vissuti non c’è tempo per altro, se non per quel darsi da fare per non morire e per esserci, appunto, anche attraverso le parole dette e scritte.
Ed è grazie a queste relazioni forti che Precious potrà rinascere, e con lei tutte le altre spigliate allieve della classe. Quel clima favorirà un’alleanza tra insegnante egruppo delle pari, l’inizio di un’amicizia che aiuterà Precious ad affrontare quel cambiamento necessario per ritrovare la propria dignità di donna, di figlia e di madre.
“Precious” è un esempio di come la scuola abbia bisogno della pedagogia, la sola che può creare uno spazio educativo mirato a “tirar fuori” il meglio e il peggio di chi si appresta ad affrontare l’arte in salita dell’apprendere.
Barbara Gaiardoni