Redatto in 6 punti, “La Buona Scuola. Facciamo crescere il paese” è il documento “frutto di un lavoro” realizzato da una parte del Governo attualmente in carica.
Non saprei, sinceramente, da dove e come potrebbe iniziare a parlarne una come me che opera in trincea:
“Barbara… faccia in modo che non ce li rovinino. Con il mio di 24 anni, dislessico ne ho viste e sentite di tutti i colori. I ragazzi sono mattoncini, vanno messi su un poco alla volta.” mi dice M., una mamma del “Porto”, genitrice di due figli.
Non saprebbe, nemmeno, riconoscerne l’efficacia, una come me toccata, invece, dalla pratica dell’ascolto di insegnanti con esperienza pluriennale, fagocitati da una burocrazia scolastica che tutto morde, tutto mastica. Assimilati a tal punto che una mossa se la sono data durante un gruppo di riflessione, scrivendo e improvvisando un rap: “E basta con le sigle pi di pi , ci di ci, pi e i, pi e pi. E poi bes, pi di ef, di es a. Chi lo sa? Qui non c’è la verità. Parole solo vuote. Masticate ripetute vomitate per colmare l’indecenza.L’incoerenza.L’impotenza di una scuola che fatica a stare a galla.Qui c’è il fondo che ci aspetta.Senza fretta.Fermiamo quel respiro affannato,desolato. Innalziamo barricate per salvarci e per salvarli[…]”
Già! Perchè arrivati a questo punto, il salvabile è sempre e comunque da salvare. “La Buona Scuola” vorrebbe provarci. Si legge allora di Governance, di riduzione della burocrazia e del precariato. Si affronta il tema dell’ edilizia scolastica, dell’ora di educazione fisica nella scuola primaria per “contrastare l’obesità”. Al “mens sana in corpore sana” si aggiunge la Musica e la Storia dell’Arte per stimolare, invece, la creatività.
E dei 4 milioni e mezzo di ragazzi italiani che non lavorano, non studiano non si stanno formando, praticamente “dispersi”?
Per quelli c’è un titolo onorifico: gli “early leavers” ovvero i ragazzi disaffezionati al sistema e alla formazione scolastica. “Non solo numeri, ma di good law: il nudging sbarca al Miur” è il rutilante e pressocché incomprensibile titolo del paragrafo 5 che affronterebbe, invece, il problema della trasparenza dei dati riguardanti gli incartamenti scolastici. E fortuna che il documento si proclama essere alla portata di tutti: “genitori e nonni che alla mattina portano i loro figli e nipoti a scuola”!
Che dire? Soprattutto, che fare per salvare il salvabile per davvero?
Per primo, prendersi una pausa, come consiglia una mia cara amica, quando la cosa si fa alquanto ardua! Coccolo la vista con l’omino di pag. 91 della “Buona Scuola”: l’unico guizzo che sguazza in tutto questo/a popò che sa…di tutto!
Secondo: arginare il pensiero che si disperde nel riflettere/soffirire sui tempi pachidermici trascorsi per realizzare un (mio) progetto riguardante la dispersione scolastica (D.M. del 7 febbraio 2014);
Terzo: proporvi, invece, un esempio concreto di buona educazione, senza la quale la scuola sarà sempre e solo la “classica” ciliegina su una torta di cui si potrà gradualmente, soprattutto in tempi di crisi, fare a meno. Buona visione.
Barbara Gaiardoni