Questa riflessione nasce da una domanda a cui ci siamo sentite di rispondere, ciascuna con le proprie competenze. Da qui la decisione di scriverne, per testimoniare che, quando si lavora con chi necessita d’aiuto, è fondamentale prendere consapevolezza che, da soli, non si può, insieme sì, ciascuno con le proprie competenze. L’essere umano, infatti, è un animale complesso e lo diventa ancora di più quando vive una situazione come un problema! Pertanto, un solo professionista, dotato di professionalità, è necessario lavori in equipe, in un gruppo multivisione per apprendere e comprendere i differenti punti di vista nascenti da formazioni ed esperienze differenti.
Ecco la domanda e la risposta da cui è nata la nostra riflessione scritta a 4 mani.
“Perché uno psicoterapeuta parla di educazione?”, chiede Y.
“Perché l’educazione non è scorporabile dal pensare e dall’agire umano!!! Essere e fare gli educatori, invece, è altra cosa, è di e per pochi. Anche se, ahimè, lo fanno in tanti!!! Chi parla di educazione non è detto sia un (buon) educatore”, risponde YY.
Il pedagogista ti dice: “Ti educo per scegliere il come e cosa fare per affrontare, assieme, le tue difficoltà”.
Lo psicoterapeuta, invece, ti dice: “Guardiamo insieme come mai tu non riesca ad imparare come e cosa dovresti fare per capire le tue difficoltà”.
Il pedagogista, quindi, tira fuori le soluzioni, già presenti in ciascuno di noi, per risolvere il problema.
Lo psicoterapeuta, invece, è il “detective” che indaga sui perché una situazione viene vissuta come una difficoltà.
A volte la sofferenza psicologica, quella che incontriamo nella clinica, ha a che fare con insegnamenti mancanti oppure con opposizioni forti agli insegnamenti che sono stati offerti ma che non potevano essere accettati.
Ho capito che nella clinica, a volte, può capitare che un terapeuta dia indicazioni pedagogiche, utili a sbloccare un discorso.
Può capitare che un pedagogista a volte, funga da terapeuta, suo malgrado, perché la relazione contiene già in sé elementi di cura.
Le intrusioni in territori dell’altro sono preziose se occasionali e, se ripetute, informano ciascun professionista della necessità di un lavoro congiunto. Perché la maturazione umana, come la vita, è fatta di pulsazioni: d’aperture e di chiusure, d’accettazione e di offerta di sè. Pertanto, chi è in cammino, è cosa buona che un po’ si guardi dentro, ascoltando le proprie sentinelle emotive e un po’ si ri-guardi fuori, per conoscere e “sfruttare” quel terreno su cui poggerà il piede, nel fare il passo successivo.
Così quando uno psicoterapeuta parla d’educazione, lo fa sapendo che non si va ad occupare di come e cosa si dovrà fare affinché quel passo si realizzi, ma si preoccuperà di mettere in luce quel ”sentire” precedente che, se compreso e accolto, determinerà la qualità e la pertinenza del passo successivo.
Alice Carubbi (psicoterapeuta clinica) e Barbara Gaiardoni (pedagogista)